Al segretario del PRI
Ai senn. Del Pennino e Sbarbati
Ai membri della Direzione Nazionale
Ai Consiglieri Nazionali
Ai Proboviri nazionali
Ai Repubblicani
Cari amici,
mercoledì 27 luglio si riunirà il Collegio Nazionale dei Proboviri per esaminare il mio ricorso avverso la decisione del Collegio di primo grado di espellermi dal Partito Repubblicano. Nel ricorso sono esposte le ragioni per le quali la decisione del Collegio di primo grado deve essere cancellata. Sono certo che, decidendo sulla base dello Statuto e delle regole che governano il libero dibattito politico in seno a una istituzione democratica, mi verrà restituita la piena agibilità politica nel partito Repubblicano nel quale ho militato per un quarantennio con passione e dedizione totali.
Nel frattempo mi rivolgo a voi in sede politica. Come sapete, vi è stato e vi è un duro contrasto di opinioni fra il segretario del PRI e me sulla più opportuna collocazione del Partito. Ricapitolo brevemente i precedenti. Nel congresso di Bari proposi al partito l’alleanza con Berlusconi, chiarendo che non si trattava di una scelta “di campo”, ma di un accordo programmatico che aveva al suo centro i problemi economici del Paese e in particolare l’esigenza assoluta di riuscire a riavviare lo sviluppo economico italiano per mettere l’Italia in condizione sia di reggere il passo dell’euro sia di evitare che il nodo del debito pubblico ci strangolasse.
Fra il 2001 e il 2006, quel programma rimase largamente inattuato e neanche il largo successo ottenuto da Berlusconi nelle elezioni del 2008 ha spinto la maggioranza di centrodestra al cambio di marcia reso ancor più indispensabile dalla crisi economica mondiale. Questo mi ha condotto alla conclusione che Berlusconi non aveva affrontato e non avrebbe affrontato i veri problemi del Paese. Nel settembre del 2009, nell’imminenza del Congresso del partito, allora previsto per la fine dell’anno, ho esposto al segretario questa mia opinione e ne ho dato notizia allo stesso Presidente del Consiglio in una lettera che voi conoscete.
L’attualità di quelle valutazioni credo sia innegabile, alla luce di come si sono svolti gli avvenimenti politici successivi. Il Governo stava venendo meno agli impegni programmatici che avevano condotto nel 2001 il PRI, dopo un lacerante dibattito interno, ad aderire alla maggioranza formatasi attorno all’on. Berlusconi. In queste condizioni i Repubblicani avevano il dovere di prendere una iniziativa politica per cercare di fare corrispondere l’azione di Governo alle esigenze del Paese. Lo abbiamo sempre fatto nella lunga nostra storia del dopoguerra. E’ stata questa capacità di anticipazione ad avere connotato la nostra funzione ed a averci caratterizzato come una minoranza preziosa per la vita democratica del paese.
A quasi due anni di distanza da quella riflessione, la paralisi del Governo è evidente. L’Italia non è riuscita - come pure si è sbandierato per mesi - a fronteggiare la crisi meglio di altri paesi europei e il Governo infatti è stato costretto ad apprestare in tutta fretta una manovra finanziaria di dimensioni imponenti. Come è stato autorevolmente rilevato, fra gli altri, dal Governatore della Banca d’Italia, mancano del tutto misure in grado di rimettere in moto il cammino dello sviluppo. Nel frattempo i mercati hanno cominciato a penalizzare il debito pubblico italiano ampliando il divario con i rendimenti offerti dai titoli del Tesoro tedesco. Esattamente i rilievi da me ripetutamente mossi.
Sul piano politico è nato uno schieramento terzo fra il centrodestra e la sinistra che combatte il bipolarismo cosi come noi lo abbiamo voluto combattere e che pone sul terreno linee e programmi di politica economica, di politica istituzionale, di legislazione elettorale certamente vicine alle nostre posizioni.
Il Congresso del partito, tenutosi con grave ritardo rispetto all’evoluzione della situazione politica, avrebbe potuto confermare l’alleanza con il centrodestra, ma così non è stato. Il Congresso non ha dato una indicazione univoca circa le alleanze.
Nel giornale del partito si leggono sempre più spesso critiche severe nei confronti del Governo e delle sue scelte. Il sen. Sbarbati, rientrata nel partito da qualche mese, ha votato al Senato la sfiducia al Governo da ultimo in data 7 luglio 2011. Essa inoltre, in data 14 luglio 2011 non ha preso parte al voto a favore delle misure economiche esaminate dal Parlamento la scorsa settimana e sulle quali il Comitato di segreteria si era espresso per il voto favorevole (che peraltro io stesso ho dato). Il sen. Del Pennino ha appoggiato a Milano Pisapia come sindaco, laddove il partito aveva scelto di sostenere la maggioranza di centrodestra uscente. Del Pennino ha ripetutamente affermato che la collocazione del PRI dovrebbe essere nel terzo polo. Dunque il Partito è, per così dire, in movimento dall’alleanza con Berlusconi verso altri lidi.
La mia esclusione, prima dal dibattito congressuale, attraverso il provvedimento di sospensione, ed oggi dal corpo del Partito è dunque del tutto ingiustificata alla luce non solo degli avvenimenti di questi anni, ma anche delle posizioni che oggi hanno piena legittimità in seno al Partito.
Sono certo che queste considerazioni non possono essere ignorate da qualunque repubblicano che abbia il senso del valore morale che ha l’adesione al PRI. Nel rinviarmi ai Proboviri la DN aveva dichiarato che io avevo compiuto atti “prodromici” alla costituzione di un partito alternativo al PRI. Nulla di tutto questo è avvenuto, né io ho aderito ad alcun altro partito. Mi sono limitato a sostenere tesi che oggi hanno libera circolazione in seno al partito.
Per questo attendo con serenità una decisione dei Proboviri. Ma soprattutto attendo dalla coscienza dei dirigenti, dei quadri e dei militanti del Partito una decisione politica all’altezza della storia e del costume del Partito Repubblicano Italiano.
Con amicizia,
Giorgio La Malfa